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Storia degli Europei di calcio Jugoslavia 1976

Storia degli Europei di calcio Jugoslavia 1976: la fortuna è ceka

La successiva edizione del 1976, come già ricordato,  fu l’ultima con la classica formula della fase finale a 4. E fu anche la prima edizione degli europei che chi vi scrive visse in prima persona.




Si trattò di un torneo molto divertente, forse il più bello ed emozionante che in assoluto il sottoscritto ricordi, tanto che tutte e quattro le partite finirono oltre i tempi regolamentari, e dopo pur numerose reti segnate. Ma andiamo per ordine, cominciando intanto dai nostri azzurri che, anche stavolta, furono abbastanza deludenti tanto da non superare neppure il girone di qualificazione. A dire il vero si trattava di una nazionale azzurra reduce dal fiasco mondiale in Germania nel 1974 ed in piena ristrutturazione. Affidata al vecchio tecnico romano Fulvio Bernardini, che dopo il successo tricolore colto con il Bologna nel 1964 era praticamente da tempo fuori dal giro, la nostra nazionale stava avviando un lento processo di ringiovanimento, dopo aver definitivamente archiviato la storica generazione dei “messicani” che pure ci avevano regalato tante soddisfazioni, i Rivera, Mazzola, Riva, ecc., inserendo giovani talenti come Antognoni, Causio, Bottega. Tuttavia, sebbene dopo qualche anno tale ricambio generazionale, sotto la guida di Enzo Bearzot,  avrebbe prodotto frutti straordinari come un titolo mondiale, al momento i risultati stentavano ad arrivare. Peraltro quell’autentica Italietta di Bernardini ebbe pure la sfortuna di essere inserita in un girone di ferro con Olanda e Polonia, rispettivamente seconda e terza ai precedenti mondiali di Germania. L’esordio degli azzurri a Rotterdam contro lo spauracchio olandese fu tuttavia alquanto sorprendente, con i nostri capaci di portarsi immediatamente in vantaggio con una rete di Boninsegna, uno dei pochi “messicani” sopravvissuti all’epurazione. L’Italia resse circa venticinque minuti durante i quali il pessimo arbitro russo annullò a Boninsegna una nuova rete per un inesistente fuorigioco e ci negò un evidente rigore per un fallo su Antognoni, poi, come fin troppo logico, i mostri sacri olandesi presero il sopravvento ed alla fine chiusero sul 3-1. L’Italia dopo quell’esordio abbastanza discreto deluse parecchio. Il sottoscritto ricorda uno squallido pareggio per 0-0 all’Olimpico contro la Polonia di Lato e Deyna con tutto il pubblico romano a fischiare ed a rivolgere il classico epiteto di “buffoni, buffoni” agli azzurri a causa della loro evidente impotenza. Alla fine ci piazzammo terzi davanti alla sola Finlandia, capace comunque di imporci in Italia anch’essa un clamoroso 0-0. La disastrosa gestione di Bernardini, che nel disperato tentativo di trovare la quadra faceva convocazioni a raffica, portò come conseguenza il suo affiancamento da parte della Federcalcio con Enzo Bearzot, altro tecnico tutto interno alla stessa federazione. Tale cambio non produsse nell’immediato effetti positivi, anzi, ma con il tempo, come è noto, si sarebbe invece rivelato azzeccatissimo. Altra vittima eccellente delle qualificazioni europee del 1976 fu l’Inghilterra di Don Revie, che per le successive qualificazioni mondiali a Baires 78 era stata inserita nel nostro stesso girone. Fu un eliminazione abbastanza clamorosa se si pensa che nel frattempo i clubs inglesi, privi all’epoca di stranieri, dominavano le coppe europee in lungo ed in largo, tuttavia gli Inglesi incocciarono nella ruvida Cecoslovacchia, destinata addirittura a vincere la manifestazione. L’esordio dei Bianchi d’Inghilterra fu assolutamente positivo, visto che si imposero a Londra per 3-0 sui danubiani ma in seguito persero punti fondamentali per strada e nella gara decisiva a Praga i cechi restituirono loro il 3-0 e staccarono il biglietto per i quarti. Nel nostro girone invece a passare furono gli olandesi in virtù della migliore differenza reti generale sui polacchi. I due scontri diretti tra le due formazioni-rivelazione al precedente mondiale tedesco furono di altissimo livello, con i polacchi che si imposero a Varsavia per 3-0 e gli olandesi in casa propria per 4-1. Decisiva per la qualificazione fu la goleada con sette reti che i tulipani inflissero alla Finlandia, alla quale in due partite gli azzurri avevano rifilato una sola rete e per giunta su rigore.

Fase finale con Cecoslovacchia, Germania Ovest, Jugoslavia e Olanda

Alle semifinali pervennero la Germania Ovest, campione del mondo in carica, che aveva stentato non poco a superare la piccola Grecia, capace di imporre ai tedeschi un inaspettato 3-3 a Francoforte, la ricordata Cecoslovacchia, l’Olanda e la Jugoslavia. E proprio alla Jugoslavia venne quindi assegnata la fase finale del torneo. Favoritissima per la vittoria finale era a detta degli addetti ai lavori la nazionale olandese che aveva stupito il mondo due anni prima al mondiale tedesco con il suo splendido calcio totale, ma in realtà i  campioni olandesi giunsero a quella fase finale del torneo profondamente divisi da rivalità e gelosie provocate dal fatto che i loro due assi più rappresentativi, Cruyff e Neskeens, erano nel frattempo passati in forza al Barcellona, percependo lauti compensi miliardari mentre il resto della squadra continuava a giocare in patria nelle file dell’Ajax e del Feyenoord, con un misero status da semi professionisti. E come spesso accade in questi frangenti, le divisioni nello spogliatoio si palesarono anche sul terreno di gioco. Opposta in semifinale alla apparentemente abbordabile Cecoslovacchia, sottostimata da tutti ed invece destinata a rivelarsi sul piano tecnico e tattico una signora squadra, i “tulipani” andarono subito sotto e soltanto ad una decina di minuti dal termine riuscirono a raddrizzare la situazione. Nei tempi supplementari ci si aspettava che emergesse finalmente la proverbiale tenuta agonistica degli olandesi ed invece, ad un passo dai calci di rigore, la solida formazione ceca venne fuori con un micidiale uno–due che schiantò tra lo stupore generale i favoritissimi vice campioni del mondo, demolendo la loro arroganza con un 3-1 che non ammetteva repliche.

16 giugno 1976 Maksimir – Zagabria

CECOSLOVACCHIA – OLANDA 3-1 d.t.s.

Reti: 19′ Ondruš 1-0, 77′ Ondruš (aut) 1-1, 114′ Nehoda 2-1, 118′ Vesely 3-1

Arbitro: Clive Thomas (Galles)

Cecoslovacchia: Ivo Viktor, Karol Dobias, Jozef Capkovic (Ladislav Jurkemik 106′), Anton Ondruš, Ján Pivarnik, Antonín Panenka, Jozef Moder (Frantisek Vesely 91′), Jaroslav Pollak, Marian Masny, Zdenek Nehoda, Koloman Gögh

Olanda: Pieter Schrijvers, Wilhelm Lourens Suurbier, Wilhelmus Rijsbergen (Wim van Hanegem 37′), Adrianus Van Kraay, Ruud Krol, Johan Neeskens, Wim Jansen, Johnny Rep (Geertruida Geels 65′), Johan Cruyff, Wilhelmus Van De Kerkhof, Rob Rensenbrink


Nell’altra semifinale in un Marakana di Belgrado colmo come un uovo si sfidavano i padroni di casa jugoslavi ed i tedeschi campioni d’Europa in carica nonché campioni del mondo. La guerra civile che avrebbe insanguinato poco più di dieci anni dopo la Federazione socialista jugoslava del Maresciallo Tito sembrava in quei giorni molto lontana e nel ribollente stadio belgradese esplodeva tutto l’orgoglio nazionalistico degli slavi del sud contro il nemico di sempre, la Germania. Trascinata da un tifo ai limiti del fanatismo dei 90.000 sugli spalti, la squadra di casa partì a razzo ed inflisse ai Bianchi di Helmuth Schoen un  micidiale uno-due portandosi sul 2-0 già alla mezzora di gioco e tale doppio vantaggio persistette per oltre un ora allorquando la nazionale tedesca, apparsa fino a quel momento incredibilmente abulica e quasi rassegnata ad una inevitabile sconfitta, venne prepotentemente fuori. In quella edizione del 1976 a trascinare in campo i panzer teutonici sarebbe stato ancora un Mueller, ma non il terribile Gerd del Bayern Monaco bensì il giovane e semi sconosciuto Dieter, in forza al Colonia, che al termine si sarebbe consacrato capo cannoniere del torneo. Svegliandosi improvvisamente dal suo lungo torpore, la Germania riuscì prima a portarsi incredibilmente sul 2-2 e poi, nei tempi supplementari, a travolgere la formazione di casa, nel frattempo demoralizzatasi e letteralmente scomparsa dal terreno di gioco dopo aver completamente dominato gli avversari per 65 minuti. Alla fine fu un 4-2 per i tedeschi con splendida tripletta di Dieter Mueller.

17 giugno 1976 FK Crvena Zvezda – Belgrado

GERMANIA OVEST – JUGOSLAVIA 4-2 d.t.s.

Reti: 19’ Popivoda 1-0, 30’ Dzajic 2-0, 64′ Flohe 2-1, 82′, 115′, 119′ D. Müller 2-2, 2-3, 2-4

Arbitro: Alfred Delcourt (Belgio)

Germania Ovest: Sepp Maier, Berti Vogts, Bernhard Dietz, Hans Georg Schwarzenbeck, Franz Beckenbauer, Herbert Wimmer (Dieter Muller 79′), Rainer Bonhof, Uli Hoeness, Erich Beer, Bernd Hölzenbein, Dietmar Danner (Heinz Flohe 46′)

Jugoslavia: Ognjen Petrovic, Ivan Buljan, Drazen Muzinic, Josip Katalinski, Ivan Surjak, Danilo Popivoda, Branko Oblak (Luka Peruzovic 105′), Jovan Acimovic (Franjo Vladic 105′), Jurica Jerkovic, Dragan Dzajic, Slavisa Zungul


Gli jugoslavi ripeterono poi la loro pessima perfomances anche nella finalina con l’Olanda. Infatti, dopo aver chiuso la prima frazione di gioco ancora una volta sul 2-0 dominando nettamente gli avversari, nella ripresa sparirono letteralmente dal campo facendosi raggiungere sul 2-2 e poi nei supplementari l’Olanda completò la rimonta chiudendo sul 3-2.

19 giugno 1976 Maksimir – Zagabria

OLANDA – JUGOSLAVIA 3-2 d.t.s.

Reti: 27′ Geels 1-0, 39′ Van De Kerkhof 2-0, 43 Katalinski 2-1, 83 Dzajic 2-2, 107′ Geels 3-2

Arbitro: Walter Hungerbühler (Svizzera)

Olanda: Pieter Schrijvers, Wilhelm Lourens Suurbier, Adrianus Van Kraay, Ruud Krol, Wim Jansen
(Willem Jan Meutstege 46′), Wilhelmus Van De Kerkhof, Rob Rensenbrink, Ruud Geels, Jan Peters,
Reinier Van De Kerkhof, Peter Arntz (Cornelius Kist 70′)

Jugoslavia: Ognjen Petrovic, Ivan Buljan, Drazen Muzinic, Josip Katalinski, Ivan Surjak, Danilo
Popivoda, Branko Oblak, Jovan Acimovic (Franjo Vladic 46′), Jurica Jerkovic, Dragan Dzajic, Slavisa
Zungul (Vahid Halilhodzic 46′)


Panenka Jugoslavia 1976
Il cucchiaio di Panenka nella finale di Euro 1976 (fonte: calcio.fanpage.it)

La finale, giocatasi ovviamente nell’immenso stadio belgradese della Stella Rossa, vide di fronte la favoritissima Germania Ovest e la sorprendente Cecoslovacchia. Ancora una volta, però, quella edizione degli europei davvero molto emozionante e spettacolare, sconvolse i pronostici della vigilia. La nazionale di Praga partì subito forte portandosi in poco più di 20 minuti sul 2-0. La Germania Ovest, come già nel precedente match con la Jugoslavia, sembrava stranamente lenta e non reattiva, in completa balìa degli arrembanti avversari. Tuttavia uno splendido goal in rovesciata di Dieter Mueller davvero da cineteca e che vi consiglio caldamente di rivedere, riaprì improvvisamente i giochi. Nel finale la Germania uscì finalmente dal suo letargo e strinse d’assedio gli avversari che, naturalmente, con il passare dei minuti, si erano fatti venire il braccino corto. E quando oramai i cechi sembravano ad un passo dal grande ed insperato trionfo sui campioni del mondo tedeschi, accadde invece il nuovo “miracolo” tedesco che contribuì a rinfocolare la leggendaria propensione alle clamorose rimonte della nazionale tedesca. Consentite al sottoscritto di inserire un piccolo aneddoto personale. Chi vi scrive era allora un bambino e mentre assisteva alla finale con il proprio babbo, oramai scomparso, decise che voleva assolutamente una pizza. Alla fine il povero babbo, che temeva giustamente di perdersi la parte migliore del match, cedette alle insistenze del sottoscritto e ci precipitammo in pizzeria dove, mentre aspettavamo la famosa pizza, avemmo fortunosamente modo di assistere egualmente al rocambolesco pareggio tedesco, che trascinò i 22 in campo ancora una volta ai supplementari. Le due formazioni però erano oramai esauste e la partita finì quindi senza altre reti ai calci di rigore dove, dopo l’erroraccio di Rainer Bonhof, che scagliò il suo rigore alle stelle, segnò invece il penalty decisivo Panenka, regalando così alla Cecoslovacchia il primo ed unico titolo della sua storia, destinata a concludersi con la separazione del Paese dopo il crollo del Muro di Berlino nel 1989.

Belgrado, 20 giugno 1976

CECOSLOVACCHIA – GERMANIA OVEST 2-2 (7-5 d.c.r.)

Reti: 8′ Svehlik 1-0, 25′ Dobias 2-0, 28′ D. Müller 2-1, 89′ Hölzenbein 2-2

Sequenza rigori: Masny 1-0, Bonhof 1-1; Nehoda 2-1, Flohe 2-2; Ondrus 3-2, Bongarts 3-3; Jurkemik
4-3, U.Hoeness 4-3 (fallito); Panenka 5-3

Arbitro: Sergio Gonella (Italia)

Cecoslovacchia: Ivo Viktor, Karol Dobias (Frantisek Vesely 109′), Jozef Capkovic, Anton Ondruš, Ján
Pivarnik, Antonín Panenka, Jozef Moder, Marian Masny, Zdenek Nehoda (Pavel Biros 80′), Koloman
Gögh, Jan Svehlik (Ladislav Jurkemik 79′)

Germania Ovest: Sepp Maier, Berti Vogts, Bernhard Dietz, Hans Georg Schwarzenbeck, Franz
Beckenbauer, Herbert Wimmer (Heinz Flohe 46′), Rainer Bonhof, Uli Hoeness, Dieter Müller, Erich
Beer (Hans Bongartz 80′), Bernd Hölzenbein

*Articolo scritto da Francesco Filograsso

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