
Il calcio è un gioco fantastico e ci permette di poter cogliere tantissime storie che suscitano interesse nel lettore. Spesso ci concentriamo solo a raccontare le gesta dei calciatori più conosciuti, ma ci dimentichiamo che esistono persone come Giuseppe Pezzano, italiano trapiantato in America che si è reso protagonista di un progetto calcistico nato negli Usa che riguarda il calcio femminile. Per scoprirne di più, la redazione di R2S lo ha intervistato:
Che cosa ha spinto Giuseppe Pezzano ad intraprendere questo progetto calcistico e a seguire questo percorso?
Dopo il successo imprenditoriale ho deciso di riprendere a coltivare la mia passione. Ho sempre giocato a calcio, tra i dilettanti, e nel 2008 ho acquisito con Osa una squadra dilettantistica, il Fiesole Caldine in Toscana, dove in tre anni ho vinto due campionati passando dalla promozione alla D. In quegli anni ho avviato le relazioni con la Fiorentina che si allenava e giocava presso le mie strutture, portato in ritiro il Montreal Impact di Mls per 2 anni a Firenze dando il via al ponte tra Italia ed Usa, anche nei professionisti”.
Quali sono i suoi obiettivi a medio-lungo termine?
“Ora che ho concluso molte collaborazioni a livello professionistico, come ad esempio a Bologna dove ho fatto il set up dello staff tecnico iniziale con Corvino e Di Vaio, e ho dato man forte al legame tra Italia e Mls ho deciso di dedicare il mio tempo per continuare a far crescere sempre di più il mio club a Seattle nato nel 2013 e negli Usa dove il calcio sta crescendo velocemente. Attualmente l’Osa Seattle Fc è il club più importante a Seattle dopo il Seattle di Mls. L’America non ha limiti alle ambizioni. E stringendo il cerchio sull’Italia, poi, ho tutte le intenzioni di prendere una squadra dilettante che abbia maschile e femminile. Anche in questo caso c’è l’opportunità di accrescere lo scambio culturale in questo sport tra i due Paesi”.
Il ponte tra America ed Italia ha permesso a molte calciatrici di mettersi in luce nella maniera giusta.
“Il mio ingresso nel femminile è avvenuto grazie ad Alessandra Nencioni che ho aiutato a venire a giocare a Seattle e mi ha fatto conoscere il calcio giocato dalle donne di cui me ne sono sportivamente interessato da subito, iniziando anche a divulgarlo tra i maschietti dove inizialmente venivo spesso preso simpaticamente in giro in quanto nessuno avrebbe mai creduto a questa espansione che ha visto grande protagonista anche la Fiorentina”.
Come è nata la collaborazione con la Fiorentina?
“Ho portato in tournée in North America la prima squadra maschile in primis. E ho collaborato alla costruzione come parte attiva della Fiorentina School ad indirizzo liceo scientifico sportivo. Al femminile ho collaborato al passaggio tra la precedente proprietà di Andrea Guagni e la Fiorentina, indirizzando poi un coach come Cincotta che avevo avuto per molti anni a Seattle e seguito successivamente nella sua crescita. Ora di certo Antonio non ha più bisogno di me e al momento sono contento del suo lavoro e della sua crescita”.
Ci sono altre collaborazioni in programma?
“Abbiamo un progetto long term a Seattle e negli Usa. In estate verranno i coach della Fiorentina femminile a seguire i miei allenatori americani durante il campionato estivo diretti da Cincotta e il professor Vergine con la super visione del presidente Mencucci”.
Crede che il calcio italiano, a livello femminile, potrà un giorno competere con le nazioni più importanti?
“Dopo il successo che ho toccato con mano nel progetto Fiorentina, ed avendo visto anche la consequenziale crescita con o di altri importanti club di Serie A, le capacità e la preparazione dei nostri tecnici italiani, manager capaci con visione internazionale, le possibilità tecniche delle giocatrici con tante giovani che si stanno approcciando al calcio femminile, direi di sì”.
Giuseppe, che squadra tifa? Lo si può dire?
“Da giovane la Reggina, la squadra della mia regione arrivata anche in Serie A”.
Ci può parlare di come nasce la sua passione per il calcio?
“Ho iniziato a giocare a calcio da bambino nelle strade ed in qualsiasi ora del giorno e della notte, qualsiasi terreno (da cose impensabili oggi come le strade di Piazza davanti al Tribunale a Locri dove vivevo, le spiagge, i campi inizialmente solo in terra battuta con qualche eccezione in erba naturale fino a cavalcare i campi di Eccellenza della mia regione la Calabria). Ma che generazione fortunata siamo stati per essere nati a cavallo di questi così differenti periodi dove è questo in parte che manca in Italia, contribuendo agli insuccessi di questi ultimi anni di crescita di talenti tra le strade. Per colmare questa carenza l’internazionalizzazione e integrazione guidata come avviene ormai in tutti i Paesi del mondo in tal senso può solo aiutare. Ero considerato promettente con un discreto successo sui campi, ma pensavo troppo ad altro come andare a studiare fuori dal mio Paese ed esplorare nuovi mondi liberamente. Scelta che poi ho fatto di non continuare la mia crescita calcistica dove ho imparato anche a mie spese con tanti infortuni, che la gran parte del successo di un atleta dipende dalla testa e quindi dal modo di applicarsi in questa professione. Ho vissuto e realizzato comunque un sogno al contrario”.
Lascia un commento