di Gianluca Buccione
La Sampdoria strapazza il Napoli di Ancelotti per 3 a 0, che trova così la prima brutta sconfitta della stagione. Battuta d’arresto che per misura e gioco, non accadeva agli azzurri dai tempi di Mancini, quando a Marassi si vedevano le grandi d’Europa. Che mister Giampaolo da Giulianova avesse preparato bene la partita (dopo il battesimo di Udine e la pessima prestazione i mugugni erano tanti dalle parti di Corte Lambruschini) è stato chiaro da subito. Audero in porta, coppia centrale con Tonelli, all’esordio assoluto con i blucerchiati, ed il giovane danese Andersen. Un ritrovato Saponara dietro le punte, con fiducia incondizionata a Defrel ed al vecchio Quagliarella. A centrocampo Barreto torna a fare la diga, con Ekdal e Linetty a dare sostanza e geometrie in fase propositiva. Il Napoli di Ancelotti si presenta al Ferraris con un tridente nuovo, Verdi con Milik e Insigne. A centrocampo il solito Allan, a cantare e portare la croce, con Diawara a dare fiato ad Hamsik. Zielinski non è quello visto contro il Milan, e dietro Mario Rui è apparso il difensore più in difficoltà dell’intera retroguardia partenopea. Primo tempo, solo Sampdoria: al di là dello spunto iniziale di Insigne, Defrel prima inventa un destro nel sette su una veloce ripartenza, dopo un calcio d’angolo del Napoli e poi chiude un contropiede su assist del geniale Quagliarella. Prima frazione di gioco che si conclude sul 2 a 0 per il Doria, unica nota stonata per i blucerchiati è l’infortunio muscolare accorso a Riccardo Saponara. Per definire la prestazione del Napoli, bisogna rispolverare una vecchia terminologia delle previsioni del tempo di una volta, n.p., acronimo di non pervenuto. Secondo tempo, Ancelotti striglia i suoi e mette Mertens ed Ounas, per i due svogliati Verdi ed Insigne, a tratti sembrati troppo nervosi. Il belga dà un po’ di brio alla manovra e l’altro francofono Ounas (unica nota lieta tra le fila campane) danno un cenno di vitalità alla squadra di Ancelotti, tali da testimoniare che i ragazzi non sono andati a Genova per una gita aziendale. Era solo un fuoco di paglia, il sigillo finale lo appone il solito capitano di ventura, Quagliarella, che con un colpo di tacco alla Mancini spedisce la palla alle spalle del portiere Ospina. Marassi è una bolgia, anche i napoletani sono contenti per il mago di Castellammare di Stabia, e peccato che vada per i trentacinque anni e per una carriera che avrebbe meritato maggiori fortune. Fabio Quagliarella, come tutti i giustizieri che si rispettano chiede scusa al portiere Ospina ed ai napoletani, in fondo ha fatto il suo lavoro, segnare gol d’autore e farlo da ex (tra le sue vittime preferite c’e’ proprio la squadra della sua città). Ma noi siamo sicuri che dopo questa pennellata sotto la gradinata sud, a Napoli comunque lo ameranno ancora. Bisognerebbe indire una petizione, clonare il pescatore di perle Quagliarella.
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