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Mondiali 2018, perché sarebbe una tragedia non qualificarsi

10 Novembre 2017 di Federico Panfilo Lascia un commento

Stasera l’Italia è chiamata a conquistare il Friends Arena di Solna nella sfida valevole per l’accesso ai Mondiali di Russia2018 contro la Svezia. Gli azzurri non falliscono l’appuntamento con il campionato del mondo da quasi 60 anni e un eventuale tracollo sarebbe una catastrofe sportiva e non solo.

Il CT Ventura (fonte foto: corrieredellosport.it)

Immaginate che la Ferrero per 4 anni non possa produrre la Nutella. Spaventoso, vero?
Oppure immaginate che, sempre per 4 anni, la FIAT chiuda le proprie concessionarie. O che Roberto Cavalli venda solo mocassini.
Ecco, se l’Italia non dovesse qualificarsi ai Mondiali, sarebbe grave tanto quanto i summenzionati panorami apocalittici. Cosa sarebbe l’Italia senza i fiori all’occhiello di questi storici marchi? E cosa sarebbe l’Italia se la propria Nazionale, per la prima volta da quel lontanissimo 1958, fallisse la qualificazione all’evento calcistico più importante del pianeta?

Se davvero Ventura e i suoi uomini dovessero incorrere nell’eliminazione da parte della Svezia nella doppia sfida dello spareggio, il danno non sarebbe solo ed esclusivamente d’immagine. Perché non sarebbe un dramma solo per i più sfrenati amanti del calcio: il Mondiale (a differenza di molte altre partite della Nazionale azzurra) ha il potere di inchiodare alle poltrone, con gli occhi sgranati davanti ai teleschermi, persino coloro che non seguono abitualmente questo sport, anche se non sono nemmeno del tutto consapevoli di quali siano gli uomini schierati in campo.
Viceversa, a quasi nessuno dei 60 milioni di tifosi italiani interesserà l’esito di un torneo dove non c’è una formazione che li rappresenti. Basti pensare al totale anonimato attraverso cui è passata l’ultima Confederations Cup, dove l’Italia era appunto assente.
Il tracollo non sarebbe più limitato al singolo ambito sportivo, diventerebbe un danno morale ma soprattutto economico mostruoso: niente Italia, niente telespettatori italiani, niente sponsor. E forse i programmi a tema passerebbero addirittua in seconda serata, scalzati dai film trash dell’estate, e sarebbero riservati a quei pochi fanatici del rettangolo verde interessati a vedere se Messi riuscirà finalmente a dare un senso alla propria carriera in Nazionale, o se la Germania vincerà anche questo ennesimo trofeo dopo la doppietta EuropeoU21-Confederations Cup.

E che dire della figura meschina che farebbero i giocatori italiani? “Una macchia sul curriculum” l’ha definita De Rossi, una nota rossa ed indelebile che farebbe crollare anche il valore dei campioni nostrani e che quindi indebolirebbe ulteriormente il già precario sistema calcio italiano.

Questo scenario distopico può essere evitato in maniera molto semplice: comportandosi da Italia! Comportandosi come una Nazionale che ha partecipato a 18 edizioni dei Mondiali su 20 (solo il Brasile ha fatto meglio), che ha conquistato 4 volte il titolo, giocato 6 finali e vinto oltre 46 partite nella fase finale del torneo.
Solo nel ’58 gli azzurri di Foni, guidati da oriundi come Ghiggia e Da Costa, vennero eliminati dall’Irlanda del Nord; ma era un altro calcio, più romantico e con meno attenzione mediatica.
Nel 2017 un secondo passo falso, alla luce di una rosa bella e competitiva, diventerebbe la pagina più mesta nella storia del calcio italiano.

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Info Federico Panfilo

Nato a Roma nel 1988; laureato il Lettere e Filosofia alla Sapienza, sono scrittore e appassionato di storia del calcio, con una particolare predilizione per la storia dei Mondiali. Più critico che tifoso, mi ispiro all'ironia di Biasin e alla competenza di Brera.

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