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MotoGP 2017 “IPSE DIXIT” #6 GP of Italy Mugello

5 Giugno 2017 di Massimiliano Garavini Lascia un commento

MotoGP 2017 – Mugello round: vincitori e vinti

Si è trattato senza dubbio di uno dei GP più belli degli ultimi anni. Gli italiani hanno fatto scuola, cosa che non era affatto scontata alla vigilia, e per una volta sono stati gli spagnoli a fare i ragionieri.Il Mugello ha aperto inediti scenari mentre va in archivio il primo terzo di campionato. È stato il GP degli outsider, di quei piloti che, a torto o a ragione, di solito vengono bollati come “non vincenti”. Il che, detto fuor di metafora, equivale  a perdenti. Merita di essere sottolineato un concetto che più volte abbiamo ribadito: questo mondiale si conquista con la regolarità, ci sono ancora molte gare da disputare, quindi niente è già stato scritto in anticipo. Maverick Viñales rimane in testa alla classifica provvisoria con un buon margine da amministrare, però la situazione è fluida, affatto scontata. La domenica italiana ha visto fallire l’obiettivo Honda di salire sul podio e il solo Marquez ha salvato il salvabile.
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Ducati è stata la grande protagonista del romanzo toscano: due piloti a podio, cinque moto bolognesi nelle prime dieci posizioni. Una dimostrazione di forza che ha impressionato ma che non deve ingannare. Due dichiarazioni su tutte dovrebbero far riflettere; la prima è del vincitore, Andrea Dovizioso, che ha ammesso: «non si può pensare di vincere e magari la gara successiva prendere 20″ dal migliore. L’obiettivo sarebbe trovare una soluzione che ti permetta di contenere il distacco a 5″. In questo modo si può pensare al titolo». Avevamo detto la stessa cosa anche noi nello scorso Ipse Dixit.  Il secondo spunto di riflessione ce lo offre l’Ing. Luigi dall’Igna, dominus del reparto corse Ducati, che con la vittoria al Mugello ottiene un po’ di tregua dalle critiche che lo hanno investito recentemente. Dall’Igna ha confermato che bisogna «lavorare come se nulla fosse successo. Continuare a impegnarsi per cercare di migliorare sempre».  A chi gli chiedeva se la gara italiana avesse regalato più carica a Dovizioso o più motivazione (a reagire) a Lorenzo, la risposta è stata: «A entrambi spero. Di sicuro Dovi esce più forte dopo il Mugello, ma anche Jorge, perché potrà fare dei ragionamenti produttivi per lui». Suona come una minaccia. Un solo motivo di dispiacere: venerdì due giugno era la festa nazionale della Repubblica, primo giorno di prove libere al GP d’Italia: perchè nessun pilota in pista se ne è ricordato ? Piuttosto che l’addio al calcio di Totti, avrei preferito sentire qualche parola d’orgoglio per il Paese.

 Andrea Dovizioso

Bravo, bravissimo. Primo: Andrea è un uomo buono che sul podio ha rigraziato i tifosi di Rossi per la sportività dimostrata. Uno di quei piloti professionali e intelligenti, che parlano meno di quanto ascoltano. Secondo: tanti anni al massimo livello, su moto differenti ma sempre al top, gli assicurano una competenza tecnica che solo Rossi, in questo momento, può vantare. Grande in prova, sempre sul pezzo, nonostante guidasse la Desmosedici “di forza”, ha ottenuto un risultato di assoluto valore, interrompendo l’egemonia spagnola al Mugello. Dovizioso in questo momento è il vero riferimento nel box Ducati. Il pilota di Forlimpopoli, che non parla mai a caso, ho dichiarato che questo aspetto è importante “per lo sviluppo”. Traduzione: «basta seguire le bizze di Lorenzo, concentriamo il lavoro per migliorare la competitività di questa moto». Andrea-parla-coi-fatti.

 Maverick Viñales

Oggi tutti a dargli del ragioniere. Il pilota “cervellone”. Quello che usa la testa. Detta come va detta: non è una colpa. Un campione si giudica da quel che fa in pista, il resto non è importante. La sensazione è che Maverick avrebbe forse potuto centrare la vittoria in Toscana: il suo passo era il migliore di tutti e anche a gomme finite spingeva come un dannato. Forse si è accontentato, forse ha pensato al campionato, forse non voleva ripetere l’errore di Rossi a Le Mans. Oppure, semplicemente, vale la regola di Mick Doohan: «Ci sono giorni e circuiti in cui il tuo avversario (parlava di Luca Cadalora ndA) è semplicemente imbattibile. In quelle occasioni puoi solo fare secondo». La regola del campione non sbaglia mai.

 Danilo Petrucci

Petrux. Più che un soprannome mi ricorda il jingle anni ’80 dell’amaro Petrus: «l’amarissimo che fa benissimo». Dopo il boccone amaro della squalifica nel giro buono delle Q2, la dolcezza del podio. Danilo merita queste soddisfazioni. A mezze parole, perchè purtroppo l’ipocrisia della MotoGP obbliga all’interpretazione delle frasi dei piloti, il ternano ammette di essere una sorta di collaudatore da corsa della Desmosedici 2017. Provare tante cose spesso manda in confusione, oppure toglie tempo alla ricerca dell’equilibrio vincente. Ha dichiarato che il podio è la conferma che è un pilota veloce anche sull’asciutto. Noi aspettiamo un altro podio, in un posto diverso dal circuito di casa, per poterlo confermare.

 Valentino Rossi

Aveva illuso. Volevamo credere che fosse più forte del dolore, che potesse vincere nonostante tutto. «Beato quel Popolo che non ha bisogno di eroi», diceva Brecht. E aveva ragione. Valentino è stato davvero bravissimo. Una settimana fa era in ospedale a causa della caduta con la moto da cross in allenamento e ieri in Toscana ha corso sul serio al massimo delle possibilità di un uomo. I piloti sono uomini, dovrebbero ricordarlo anche i tifosi. Oppure cercarsi dei supereroi, ammesso che ne esistano.

 Alvaro Bautista

È un pilota che ci è sempre piaciuto. Avevamo criticato la scelta di Aprilia di non confermarlo per fare spazio alla coppia Espargarò-Lowes perchè ne riconoscevamo le capacità. La sua stagione con la Ducati si è rivelata più stentata del previsto, anche se lo spagnolo ha sempre dimostrato tutte le qualità che gli vengono riconosciute: sportività, grande professionalità, umiltà. Non si lamenta mai, si impegna al massimo. Le malelingue di Noale dicevano che avesse più la mentalità del collaudatore che quella del racer. Forse, sarà, chissà: fatto sta che Aleix Espargarò si ritira nonostante guidi la moto che ha fatto segnare (in gara) il quinto miglior tempo, mentre Alvaro la spunta, sulla “vecchia” Desmosedici, contro il campione del mondo Marc Marquez. Forse in Aprilia quando lo hanno lasciato libero avevano confuso Alvaro: pensavano a Vitali.

/

Marc Marquez

Il giudizio in chiaroscuro non è per Marc. È per le cose che va dicendo. Il #93 nel giorno del disastro Honda salva la faccia: visto quel che è successo tra Pedrosa e Crutchlow, quando entrambi affondavano in undicesima posizione, il sesto posto finale non è una tragedia. Nessuno può mettere in discussione il talento di Marquez. Quello che gli si può chiedere è di parlare meno: sembra che dietro al ritorno del pneumatico Michelin con carcassa più dura “070” ci siano state proprio le pressioni dello spagnolo. Che però a fine gara ha incolpato, in maniera generica, l’accoppiamento moto-gomme. Il passo gara nelle prove era buono, nel GP invece no. Quindi Marquez ottiene ciò che vuole ma se perde la colpa non è sua. La prossima volta magari al box HRC faranno scegliere le mescole al mago Zurlì.

 

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Johann Zarco

Perchè una sufficienza risicata ? Semplice: ci ha abituati troppo bene. Intendiamoci: Zarco è uno dei piloti che preferiamo per grinta, tenacia, umiltà. È un rookie della MotoGP che sta facendo già meglio di molti senatori di questa classe. Crediamo che Johann non sia in top class per fare numero: per questo non potrà mai accontentarsi di un settimo posto.

 Michele Pirro

Un pilota forte, che si identifica nella Ducati almeno tanto quanto Dovizioso e Stoner. Un “portatore d’acqua” che è anche un simbolo della Casa. Meritava l’opportunità del Mugello e non ha sfigurato, considerato i campioni in gara. Il tempo dei collaudatori giapponesi, che prendevano due secondi al giro, è definitivamente tramontato. Avremmo una sola domanda per Michele, che rimarrà senza risposta: poteva sorpassare Lorenzo oppure no ?

 

 Jorge Lorenzo

Basta. Basta con la solfa del cinque volte campione del mondo che non ha bisogno di giustificarsi, basta con le mezze allusioni, basta con le scuse. Ottavo al traguardo, col sospetto — fondato — che Pirro non lo abbia surclassato per non infierire sul celebrato campione. Il matrimonio di interesse Ducati – Lorenzo fin qui ha dimostrato di non funzionare. Lui dichiara che non «si può cambiare metodo di lavoro e stile di guida dall’oggi al domani» ma da un fuoriclasse strapagato il minimo che ti aspetti è che sappia far andare forte qualsiasi mezzo gli si metta sotto al sedere. Se la Desmosedici fosse una KTM potremmo pure capirlo, ma nel giorno della Grande Vittoria sulla linea del Piave, pardon del Mugello, queste giustificazioni non reggono. Meno menate, più manate (sul gas).

 Andrea Iannone

Un uomo sull’orlo di una crisi di nervi. I giornalisti lo hanno provocato, chiedendogli di Lorenzo, ma lui non riesce a tenere a freno la lingua  e risponde: «Secondo me Lorenzo con la mia Suzuki si troverebbe meglio che con la sua Ducati. Per come guida Jorge, con frenate più dolci e misurate, chissà, forse la Suzuki GSX-RR potrebbe essere per lui una buona moto». La traduzione è semplice: se io fossi sulla Ducati farei altri risultati. Però in gara non abbiamo visto nè le sue staccate assassine, nè le curve aggressive che ci avevano incantato l’anno scorso. Ha ragione Iannone: la colpa è solo della Suzuki. Per averlo ingaggiato.

 Aleix Espargarò

La RS-GP è una buona moto. Veloce, performante, al Mugello poteva giocarsi tranquillamente la top ten e forse qualcosa di più. Vedere Aleix che manda a quel paese i tecnici in corsia box, che non ne combina una giusta nè in prova nè in gara fa male. Soprattutto all’Aprilia.

 

 

 

 

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