MotoGP 2017 – Le Mans round: vincitori e vinti
Attenzione alle coronarie, perchè la valvola è fragile. L’appuntamento francese, che doveva essere una sorta di ridotto minore tra il feudo spagnolo di Jerez e il baluardo italiano del Mugello, si è rivelato forse come la prima vera fortezza Bastiani della stagione della MotoGP. Un week end bizzarro dove clima, gomme e polemiche non hanno mancato di rendere ancora più complicata la comprensione dei delicati equilibri del motomondiale. Motivi di soddisfazione ? Alcuni, ma pochi. Recriminazioni ? Molte. Il motociclismo agonistico è uno sport strano: uno dei pochi che mescola individualismo e spirito di squadra; la sintesi giusta ti permette il risultato. Se non la trovi ciao, non vai da nessuna parte. Non è la Formula1, dove il mezzo conta per l’80% e il pilota (forse) per il 20%. Qui siamo al fifty-fifty, come quando si paga alla romana. Metà colpa a ciascuno, mezzo merito a ognuno. Le Mans non ha premiato i colori italiani, ma il GP d’Italia è dietro l’angolo, ci sarà tempo per rifarsi. Nuntio vobis gaudium magno: habemus KTM!. La casa austriaca, al netto della fortuna — che comunque ci vuole quando si corre —, sta facendo passi da gigante. Speriamo di vederla presto nelle posizioni di vertice assieme ad Aprilia, che al contrario sembra un po’ smarrita. La MotoGP avrebbe davvero bisogno di Top Players.
Maverick Viñales
Bravo&Fortunato. Capace di azzeccare le mosse giuste, di non strafare, di resistere allo strapotere di un Valentino Rossi in stato di grazia. Bravo a controllare le mosse di Zarco prima di infilarlo quando le gomme del francese stavano calando e a tentare la fuga. Fortunato perchè riesce a non compromettere la sua gara con il “taglio” del circuito all’ultimo giro. Maverick, per essere davvero un implacabile Top Gun , dovrebbe migliorare con l’asfalto bagnato: questi giovani piloti spagnoli, imbattibili quando le condizioni sono perfette, diventano meno competitivi in caso di pioggia. Carlo Pernat, in versione “gufo saggio”, ricorda spesso il vecchio adagio del motomondiale: «Ogni campionato ha almeno 2 o 3 gare bagnate.» La regolarità paga: Maverick è in testa al mondiale per merito, potendo gestire un tesoretto di punti. In caso di pioggia viene più utile delle ombrelline.
Johann Zarco
Il segno di “Z”(arco). Se fosse un’opera sarebbe il “Flauto Magico” di Mozart. Johann non sente la pressione della gara francese, non vede le bandiere, non parla con nessuno. Solo qualche frase di circostanza, per lui che in fondo è l’idolo di casa. Pronti, partenza, via. Vederlo condurre il gruppo, con tutta la muta dei top riders dietro, mi ha ricordato proprio il Die Zauberflöte (Flauto Magico). Il suono, in questo caso della sua M1, lo proteggeva dal mondo esterno che voleva sconfiggerlo.
Alla fine è arrivato secondo, senza la caduta di Rossi sarebbe stato terzo, comunque sul podio, in ogni caso bravissimo. Ho discusso con un tifoso a causa di Zarco: il fan (di Marc Marquez) sosteneva che Marquez fosse un rookie migliore di Johann, perchè al debutto in MotoGP ha vinto il mondiale. Io sostengo che Zarco sia un “deb” migliore di MM. Non un pilota più bravo, sia chiaro, Marquez è eccelso. Johann ha accettato di correre per Yamaha Tech3 dopo anni di onesto lavoro “operaio” in Moto2, dimostrando a suon di titoli di meritare la moto “sat”. Marc ha potuto avere la carriera che HRC prepara ai suoi campioni. Compagno Zarco dal campo e dall’officina.
Dani Pedrosa
Podio per il pilota tascabile di Casa HRC. Saranno Sete (Gibernau) o fame (di vittoria), ma mai come quest’anno Daniel Pedrosa potrebbe rivelarsi l’outsider in grado di contendere il titolo ai soliti noti. Soprattutto se il #93 campione del mondo continua a sbagliare come sta facendo. Dani a Le Mans ha ammesso con onestà di essere salito sul podio grazie alla sciagurata caduta di Rossi, ma i fatti parlano chiaro. Pedrosa è un gran manico: finire la carriera con in tasca il mondiale sarebbe da Rosberg, piuttosto che da Mamola.
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Andrea Dovizioso
Non è andato male, non è andato bene. È andato. A fine corsa ha dichiarato di aver fatto un grande sforzo, con una Desmosedici troppo faticosa in una pista dove per andare forte devi “tirarla su e sbatterla giù”. Il problema, tra Ducati e i suoi piloti, è decidere i ruoli: chi fa il maschio e chi la femmina. Qui però non si gioca al dottore, si fa sul serio. Quarto a undici secondi dal vincitore non è un buon risultato per chi ha ambizioni mondiali. La consolazione ? Dovizioso è lì, a ridosso dei primi, ma lontanuccio dalla vetta.
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Cal Crutchlow
Seconda Honda al traguardo dopo quella di Dani Pedrosa, su di un tracciato che aveva illuso, con le temperature fresche del mattino, ma ha disilluso col caldo del pomeriggio di gara. Cal però non fa danni, e termina al quinto posto, confermando la sua posizione in classifica. Mad Man ha smesso i panni dello scienziato pazzo per rivestire quelli del pilota “ragioniere”. Chissà se è stato Lucio Cecchinello l’autore della trasformazione, mostrando il conto dei ricambi all’inglese ?
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Jorge Lorenzo
Il giudizio è contrastante: vista la posizione di partenza — fra gli ultimi dello schieramento — in gara il maiorchino si è comportato bene. Certo ventiquattro (!) secondi dal primo sono un’eternità, però quella che poteva essere una tragedia si è trasformata in dramma e per questo merita il pollicione alzato. Il pollex versus, quello negativo, gli viene invece attribuito per tutto il resto che fa da contorno al suo week-end. Ricorda il Biaggi malmostoso dell’antico passato piuttosto che il Max filosofo della recente conversione: si lamenta di tutto, pesta i piedi nel box, chiede rispetto “per un cinque volte campione del mondo” e si comporta da bambino viziato. Non può rubare il pallone agli altri, altrimenti forse lo farebbe. Caro Re Giorgio, le bizze, quando ti pagano tanto, proprio non te le puoi permettere. Altrimenti fatti eleggere in parlamento. La Ducati è maschia, Lorenzo no. Torna il gioco dei ruoli.
Jonas Folger
Il rookie tedesco: buon pilota, buon “deb”, ma la MotoGP non è il gran “Ballo della Rosa” di Montecarlo. Colpisce che Jonas, dopo un promettente avvio di stagione, possa accontentarsi di quanto riesce a fare. Il problema è la differenza col team mate Zarco. Intendiamoci: Tech3 rispetto alla scorsa stagione ha trovato un doppio tesoro, ma visti i risultati del francese quelli di Folger potrebbero essere migliori. Non è una bocciatura, solo una tirata d’orecchi (simbolica).
Jack Miller
Ganassa. Mi ricorda il cattivo dei western: scende da cavallo con un volteggio, sputa tabacco mentre entra nel saloon e tira fuori le colt. Solo che sparano a salve nel momento del duello. Miller rimane protagonista in prova, nel bene o nel male, mentre in gara s’intruppa. La pallottola spuntata.
Andrea Iannone
The maniac è diventato “ordinary”. I nostri piloti sono, per tradizione, grandi staccatori: frenano forte, frenano all’ultimo, si affidano — per chi ci crede — alla madonnina d’oro che portano al collo. Andrea con la Suzuki di quest’anno non riesce a far questo. Se ci prova cade, quindi risolve il postulato alla sua maniera: meglio non provarci. Il problema è che se non risichi, non rosichi. Per Ianna il tempo stringe, si avvicina quello delle scelte: veloce è veloce, ma vincente no. Siccome non potrà mai avere una Suzuki “ducatizzata”, forse è il caso di correre ai ripari.
Marc Marquez
Il rewind riporta indietro le lancette del tempo. Sembra di essere nel 2015, con Marquez che si sdraia a ripetizione. Gli esperti dicono che non “senta sua” la nuova Honda. Secondo noi non è così. La HRC è un’ottima moto, che le Michelin obbligano a guidare in modo diverso rispetto al solito stile. Le “spazzolate” permesse dalle Bridgestone e degne di MM diventano pericolose con i pneumatici francesi perchè l’avantreno ti molla senza preavviso. Un anteriore scostumato: non ti usa neppure la delicatezza di avvisarti. Santo Marc dell’Aderenza Impossibile, pensaci tu. Stavolta non è servito.
Valentino Rossi
Per ultimo. Sissignori. Come i bolliti. Il #46 avrà dalla sua i tweets di Lorenzo Cherubini, in arte Jovanotti, a difenderlo, ma a Le Mans ha sbagliato come un pistola qualunque. Sarà pur vero che i campioni non si accontentano, ma da un pilota come Rossi, intelligente e lucido, queste cose non te le aspetti. Ha l’esperienza per sapere quando non deve strafare, ma ha buttato via tutto all’ultimo giro. Fosse caduto a metà gara ci sarebbe l’assoluzione per averci provato, ma a poche curve dalla fine, dopo un suo errore, la critica ci sta tutta. Il Dottore avrebbe fatto meglio a tirare i remi in barca e restare agganciato alla vetta del campionato. Il “qui si fa l’Italia o si muore” di garibaldina memoria, non funziona. Maverick Viñales intanto canta Jovanotti: «Ciao mamma, guarda come mi diverto…».
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