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WSBK 2017 Chang international circuit Buriram: prove libere del mattino. Jonathan Rea su tutti

10 Marzo 2017 di Massimiliano Garavini Lascia un commento

WSBK 2017 Chang international circuit Buriram: prove libere del mattino. Motore a Rea(zione)

Jonathan Rea in azione sul Chang International Circuit (Fonte Twitter @WorldSBK)

WSBK —Il déjà vu è un fenomeno psichico. Una sorta di associazione a fatti  e situazioni casuali che riconosciamo come ricorrenti. Uno si aspetta di vedere uno spettacolo diverso e invece sulla pista di Buriram va in scena il solito film: Jonathan Rea, assecondato da una Kawasaki in perfetta forma, stampa una serie di cronologici da far tremare i polsi. Venti giri con un passo inavvicinabile per gli altri. Quel che ha impressionato di più è stata la simulazione di gara, con il miglior passaggio firmato al penultimo giro. Sono solo prove, ma la dimostrazione di forza è impressionante.

Le regole del Rea, subito dietro le Ducati

Le FP1 avevano visto un equilibrio maggiore, regalando il sorriso a Melandri che chiudeva la sessione secondo dietro al solito Johnny, ma le FP2 hanno rimesso tutto nel solito ordine. La classifica vede il campione del mondo al primo posto con un 1’33″573 e a seguire il compagno di team Tom Sykes a due decimi di distanza. Marco Melandri conferma la buona confidenza con l’asfalto thailandese ed è terzo nella combinata Fp1-Fp2 a un’incollatura dall’inglese in verdone. Ducati ha fatto un grande lavoro: la Panigale non ha il passo delle Kawasaki ma sui veloci rettilinei di Buriram ha mostrato di avere la migliore velocità di punta. Chaz Davies, quarto alla fine del turno di libere, gira sugli stessi tempi di Macio. Avevamo anticipato che  a differenza dello scorso anno  dove le moto bolognesi sono emerse nella seconda parte di stagione, in questa prima fase di campionato a Borgo Panigale non si sono fatti trovare impreparati. La sensazione è che il podio di gara1 se lo giocheranno il missile verde numero #1 e le due rosse italiane.

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Yamaha fa sul serio

Alex Lowes su Yamaha chiude la top 5: buona la prova del pilota inglese, che è molto maturato rispetto all’anno scorso, su di un mezzo che sembra pronto per la zona podio. Manca ancora qualcosa — i cinque decimi rispetto al tempo del campione del mondo lo dimostrano — ma la R1 è cresciuta davvero tanto.

Xavi Forés sulla Panigale del team Barni Racing si piazza in sesta posizione, con un distacco di sei decimi dalla vetta:  lo spagnolo si concede il lusso di mettersi dietro una fila di ufficiali e di semi-tali. Ricorda certi vecchi racer vecchia scuola, tutto istinto e polso destro. Sui tracciati veloci come Buriram la sua guida è estremamente redditizia. Vedremo se manterrà la stessa costanza durante il resto del campionato, ma finora è decisamente un pilota da tenere d’occhio.

Le delusioni della giornata: Aprilia, Honda

Deludono Eugene Laverty e Lorenzo Savadori sulle Aprilia del team Milwaukee: purtroppo la potenza non la inventi e in Thailandia ce ne vuole tanta. Il cesenate dovrebbe avere ben altre ambizioni che non remare in undicesima posizione.

Honda affonda: Nicky Hayden aveva illuso mostrando qualche (debole) segnale di ripresa durante le FP1 ma poi la realtà ha ripreso il sopravvento. Quando si è trattato di spingere più forte entrambi i racers della squadra Red Bull sono rimasti indietro. Il #69 cercando di forzare il ritmo è finito sull’erba mentre Stefan Bradl si è reso protagonista, in negativo, rallentando uno dei giri buoni di Johnny Rea. L’unico passaggio del campione del mondo sul passo del 1’34 alto infatti è stato dovuto alla presenza in pista del tedesco. Bradl e Hayden, compagni di sventura, sono rispettivamente in dodicesima e tredicesima posizione, con tempi simili a quelli di Leon Camier.

Il portacolori MV Agusta che non era sceso in pista per le FP1 a causa di un problema meccanico — pare al radiatore —  si è buttato nelle FP2 a vita persa, raccogliendo il 14º crono sul finale di prove.

Qualcuno sostiene che la MV sia una sorta di “moto d’epoca”. Forse. Anche. Però va forte, la squadra è eccezionale e il pilota è in gamba. Vista la magra figura della nuovissima Fireblade, dalle parti di Honda probabilmente dovrebbero andare a scuola di meccanica d’antan.

 

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