Esonero Ranieri: il tecnico campione d’Inghilterra in carica e nominato allenatore dell’anno cacciato via. Sogno finito, memoria corta della proprietà

Esonero Ranieri. La più grande ingiustizia della storia del calcio si è consumata giovedì scorso, con la notizia dell’esonero di Claudio Ranieri. Il tecnico, nove mesi fa, aveva portato il Leicester sul tetto d’Inghilterra, compiendo il più grande miracolo che la storia del calcio ricordi dal dopo Verona di Bagnoli nell’85. Primo in campionato davanti a squadroni come Manchester United, City, Chelsea, Liverpool, Arsenal e Tottenham, le Foxes avevano conquistato le copertine di tutto il Mondo, perché un miracolo del genere non può che essere celebrato in ogni angolo del Pianeta. Al contempo il patron del Leicester – dal nome impronunciabile – si è beccato critiche unanimi dalla stampa, dai colleghi del tecnico e perfino dai suoi stessi tifosi, evidentemente più riconoscenti di lui, che continuano a ringraziare ancora Sir Claudio per la grande impresa (selfie e regali in una sorta di processione senza fine davanti alla sua abitazione inglese).
Eh si, perché una cosa è certa; a queste latitudini mai più vedranno un titolo ed i supporters, evidentemente più lungimiranti del patron, lo hanno capito prima. A tradirlo, a volere il suo esonero, sarebbero stati almeno due calciatori; Jamie Vardy, uno che, prima dell’avvento di Ranieri a Leicester, non segnava nemmeno nei tornei della parrocchia e Kasper Schmeichel, fino all’anno scorso conosciuto come “figlio di”, in combutta con la parte inglese dello staff dirigenziale e tecnico con il presidente thailandese che non avrebbe avuto scelta (?). L’esonero è arrivato all’indomani della gara di Champions League persa contro il Siviglia al Ramon Sanchez Pizjuan con il punteggio di 2-1, risultato in grado di poter essere assolutamente ribaltato (con l’1-0 casalingo, Foxes ai quarti) dopo che Ranieri aveva condotto i suoi a vincere il girone della manifestazione più importante per club alla prima partecipazione della storia per la società. Certo, era quart’ultimo in classifica, ma davvero si pensava che si potesse lottare per lo scudetto ogni anno? Su, è bene fare i seri e guardare in faccia alla realtà. I miracoli non accadono ogni giorno, e la dimensione del Leicester non sarà magari lottare per la salvezza, ma nemmeno puntare al titolo ogni stagione. Investimenti zero dall’anno scorso, un solo arrivo di rilievo – Slimani – in attacco, il ruolo più coperto dell’intera rosa; N’Golo Kanté, uno dei calciatori chiave dello scudetto, ceduto e non sostituito all’altezza. In queste condizioni Ranieri avrebbe centrato assolutamente la salvezza, magari lasciato libero di lavorare in pace. D’altronde il romano è stato nominato dalla Fifa – non l’organizzazione del quartiere – allenatore dell’anno e, come giustamente ha affermato Mourinho in conferenza stampa, il Leicester dovrebbe intitolargli lo stadio. Il portoghese, ex nemico, è stato tra i più accesi difensori di Sir Claudio, presentandosi in conferenza stampa con le iniziali CR appuntate sulla tuta; messaggi di solidarietà da colleghi e supporto perfino dalla stampa, che non ci ha pensato un secondo a scegliere da che parte stare. Evidente segnale di come qualcosa non abbia funzionato in seno alla società d’Oltremanica. Da giovedì il calcio è un po’ meno romantico, sicuramente meno riconoscente e, soprattutto, il Leicester avrà qualche decina di migliaia di tifosi in meno sparsi nel Mondo; a volte, essere campioni sul campo, non significa necessariamente esserlo anche al di fuori. Lo stile non s’insegna e, purtroppo, non tutti ce l’hanno.
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