Nell’inseguimento a squadre di Rio 2016 l’Italia ha stupito migliorando i record nazionali e sfiorando delle medaglie insperate, soprattutto al maschile

L’avventura olimpica del ciclismo su pista a Rio 2016 è stata più che positiva nonostante i nostri team non siano andati a medaglia. Tutto merito di grandi prestazioni che hanno regalato ai quartetti dell’inseguimento i rispettivi record italiani oltre ai meritati elogi dell’opinione pubblica, sia su stampa che sui Social.
La nuova generazione della pista italiana, nata dalle ceneri dell’esperienza fallimentare di Pechino 2008 e dal solo Elia Viviani in gara a Londra 2012, piace e convince tutti. Le prime a scendere in pista sono state le ragazze guidate dall’esperienza di Tatiana Guderzo e dal CT Dino Savoldi, responsabile unico della Nazionale Femminile dal 2005. E’ stato lui a credere dall’inizio nella Guderzo portandola sul gradino più basso del podio su strada alle Olimpiadi di Pechino e poi su quello più alto ai Campionati Mondiali di Mendrisio nell’anno successivo. In tre giorni il quartetto dell’inseguimento, composto anche da Simona Frapporti, Francesca Pattaro, Silvia Valsecchi e Beatrice Bartelloni, è scesa dal 4’26?162 dei Mondiali di Londra di inizio 2016 al 4’22″964 di questo pomeriggio che è valso la finale per il 5°/6° posto, obiettivo quasi impensabile solo un anno fa.
Ancor più inatteso è stato il risultato del quartetto maschile, ripescato solo una settimana fa e partito per Rio 2016 senza una preparazione specifica. La squadra, già quarta ai Mondiali di Londra, si è superata e solo il doppiaggio obbligato dei cinesi nella prova di ieri ha tolto agli azzurri la possibilità di giocarsi il bronzo con la Danimarca per soli 7 centesimi. Filippo Ganna, Francesco Lamon, Liam Bertazzo, Simone Consonni e Michele Scartezzini hanno fatto segnare un 3’55″724 che fa ben sperare soprattutto per il futuro vista la giovanissima età dei componenti della Nazionale.
Immaginare cosa sarebbe potuto essere con degli allenamenti pianificati e senza cinesi in mezzo a fare da tappo fa male ma il futuro è più azzurro che mai e lo dobbiamo anche grazie a Marco Villa che, nel suo quinquennio da CT, ha riportato in alto la pista italiana riuscendo soprattutto a conciliare la doppia attività dei suoi ragazzi, forti anche su strada. Un percorso che sembra quello giusto e che da domani, con Elia Viviani nell’omnium, potrebbe riportare una medaglia che manca da 16 lunghissimi anni
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