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Ciao Piro, se sei incerto, tieni aperto!

12 Giugno 2016 di Massimiliano Garavini Lascia un commento

Addio a Fabrizio Pirovano, campione Supersport nel 1998

Addio Fabrizio Pirovano
Fabrizio Pirovano (fonte twitter @marcopiccari1)

Fabrizio Pirovano, “Piro” per tutti coloro che seguono le competizioni motociclistiche, ci ha lasciato oggi, 12 giugno, a 56 anni.

Combatteva da tempo contro un male incurabile che ha sconfitto la sua tempra forte, combattiva.

Fabrizio è stato un indiscusso protagonista della Superbike: quella degli esordi, più romantica, meno esasperata, ma decisamente più umana. Erano gli anni di Fred Merkel, Raymond Roche, Giancarlo Falappa, Massimo Meregalli e tanti altri.

La voce ce la metteva Di Pillo. La colonna sonora erano il cuore e gli scarichi di quelle motociclette che a vederle adesso ti viene il soffocone.




Fabrizio Pirovano, dentro a questo mondo fatto di passione, ci era entrato da protagonista fin dagli esordi.

Yamaha OW01, pochi pensieri, gas a manetta.

Su quella moto, preparata da “Beppo” Russo, ci ho perso il sonno di adolescente. Potrei arrivare a dire la verginità, visto che oggi sono a ricordare uno dei miei miti giovanili. Quella motocicletta e quel pilota, per me erano la quintessenza di cosa fosse il motociclismo da corsa. Mi dispiace per la Cagiva 500, per la Ducati che si stava affacciando alla grande nel neonato campionato superbike, io stavoo con Pirovano. Nota bene che in Romagna erano Falappa e Tardozzi gli eroi popolari.

Piro e la Yamaha erano forza allo stato puro.

Tanto manico, tanto talento. Una guida sopraffina che anticipava le mode attuali: Piro, ci scuserete se continuiamo a chiamarlo così, proveniva dalla scuola del cross. Aveva iniziato con le ruote artigliate da giovanissimo, mettendosi in mostra fino a diventare, anche in quella categoria, un campione.

A diciassette anni, nel 1977, vinse il titolo di campione italiano Cadetti motocross classe 50. Nell’80 è vicecampione italiano juniores 125. Andava forte, vinceva molto, sbagliava poco. Erano anni in cui i crossisti avevano una carriera straordinariamente breve, a causa dei frequenti infortuni. Pirovano, forse anche a causa di problemi fisici che gli impedivano di continuare ad alto livello nel motocross, scelse la pista.

La classe d’esordio è stata la 250, la moto una Yamaha privata, nel campionato europeo. Tredicesimo nella prima stagione. Oggi sarebbe considerato un buon rookie. Poi arrivò il grande amore del quattro tempi da competizione.

Vicecampione del mondo Superbike per due stagioni, indiscusso protagonista della categoria per otto, prima del passaggio in Supersport.

All’epoca si parlò di declassamento, ma il tempo ha dato, ancora una volta, ragione a Piro.

Quando sei al top, non puoi accontentarti di soluzioni di ripiego, cerca la strada della massima competitività.

Chiedete a Francois Batta, patron del team Suzuki Alstare, se non credete a me. Provate a chiedergli se scelse Fabrizio perché voleva una seconda scelta, o perché conosceva il manicaccio del pilota di Biassono.

Il risultato sta nei numeri: Campione Mondiale Supersport 1998, – sissignore lo scrivo con le maiuscole -, e ancora a cinquant’anni e già ammalato correva in pista.

Tanto amavo Piro che ho anche un ricordo personale: nel 1999 acquistai la mia prima Suzuki, una GSX600R, coi colori replica Alstare. Non ho mai amato tanto una motocicletta. Ero affascinato da Pirovano, mi sembrava uno vero.

Non ce n’era per nessuno: Fabrizio è stato sincero, spontaneo, schietto, umile.

Come vorremmo che fossero i nostri amici.

Ha saputo farsi rispettare e volere bene, con poche polemiche, molti fatti, tanto impegno. Non a caso è rimasto un pilota amatissimo, uno dei pochi nell’ambiente. Aveva fama di buon tecnico, sensibile, con una dote rara: dava gas anche sopra ai problemi.

Dopo l’esperienza da pilota, per un po’ ha rivestito il ruolo di commentatore tecnico della Superbike per il canale Eurosport. Famosa la sua frase: “Se sei incerto, tieni aperto”.

Detto da lui, che era il mago delle partenze, adesso suona un po’ come un testamento spirituale.

Degno figlio di quell’operosità lombarda, di quelle terre dove l’umiltà la respiri prima in officina, poi la fai tua nella vita.

Le ultime fotografie ce lo mostrano, sorridente e appena provato dalla sua battaglia per la vita, assieme a Luca Cadalora, un pilota che, per preparazione tecnica, gli assomigliava.

Addio Piro, e grazie. Se amo questo sport, lo devo soprattutto a te.

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